Cinque stelle non si diventa, si nasce!
L'età della ragione
Vista la proposta dei Pentastellati di abbassare l’età del voto a sedici anni c’è da pensare che prima o poi, di abbassamento in abbassamento, potranno votare anche gli infanti. Scherzi a parte, non credo che il problema sia l’età, quanto la maturità. Ci può essere un quattordicenne in grado di intendere e di volere e un quarantenne abbruttito dai reality e dalle fiction.
D’altra parte una soglia bisogna pur metterla e quella della maggiore età ufficiale non mi sembra così sbagliata. Anche perché, a voler essere cattivi e a voler suscitare un vespaio riguardo all’argomento, si potrebbe porre un'altra questione, quella dei nonnini super -anta. L’Italia è un paese che invecchia e purtroppo non tutti invecchiano con la stessa lucidità di Biagi, Montanelli o la Montalcini. E se manca la lucidità ma resta la facoltà di voto qualche piccolo problemino sorge. Forse bisognerebbe fare una riflessione seria sul significato del voto e delle parole democrazia e rappresentanza. Al di là dell’età quello che conta è la consapevolezza della situazione attuale del paese, dell’Europa e del mondo; la conoscenza della storia passata e soprattutto recente; una infarinatura sulle istituzioni e sul loro funzionamento. Senza delle informazioni basilari votare a 16, 50 o 99 anni non fa differenza. Certo se si pensa che i ragazzini possano essere un serbatoio di voti perché più influenzabili e più web dipendenti il discorso è un altro ed è preoccupante. Non basta saper navigare in Internet o chattare su tutti i social network del globo per avere una chiara visione del mondo. Senza un bagaglio culturale adeguato si finisce con l’essere preda del primo telepredicatore di turno, fuori o dentro il Web. Senza una sufficiente capacità critica si rischia di pensare che la socialità sia chiusa tra i bit della Rete e che la verità sia unica, indivisibile e trasmessa da YouTube.
Verso una nuova civiltà
Purtroppo gli ultimi vent’anni sono trascorsi a perpetrare uno scempio sistematico e calcolato delle coscienze e della capacità critica. Con il crollo del Muro non sono solo crollate le ideologie, sono finiti anche i pensatori, degni di tale nome. Si assiste ad una omologazione totalizzante della cultura e del sapere. Si confonde la modernità con i social network, il progresso con il possesso dell’ultimo modello di tablet. Si assiste ad una perdita di memoria collettiva. Tutto è istantaneo, un cinguettio emesso nell’etere che un attimo dopo è già passato e non più interessante. Conoscere la storia del proprio paese, inquadrarla in un contesto più ampio è ritenuto superfluo. Tanto c’è Internet dove posso trovare tutto. Ma se io non ho le conoscenze di base per vagliare le informazioni che trovo in Rete come faccio a sapere se sono attendibili o no? La cultura dev’essere un bagaglio che custodiamo dentro di noi, sempre pronto all’uso e l’unica connessione necessaria è quella del cervello. La Rete è utile, è importante, è uno strumento di informazione, conoscenza, comunicazione ma non sostituisce il sapere personale, può solo integrarlo offrendo un quid in più. Pensare di viaggiare liberi per Internet senza il proprio personale bagaglio è saltare nel buio e diventare ostaggio del ciarlatano di turno. La vera sfida consiste non solo nell'informatizzare le generazioni più vecchie ma anche nel sensibilizzare ad un uso responsabile del Web quelle più giovani.
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