Quale fiducia?
In nome del popolo sovrano
Il ricorso costante dell’attuale governo al voto di fiducia è un segno di debolezza. Dietro il decisionismo renziano c’è il costante ricatto verso la minoranza dem e verso le correnti di FI che lo sostengono. Come al solito, la democrazia dimezzata all’italiana non riesce a sostenersi senza stampelle, senza appoggi trasversali, senza alleanze variabili in base alla convenienza del momento.
Il paese è in balia di mestieranti della politica che con i loro calcoli fanno rimpiangere persino il manuale Cencelli. Mentre lo scostamento tra il paese reale e quello virtuale dei cinguettii propagandistici si fa sempre più ampio, i nostri politici si preoccupano solo di chi vincerà le prossime elezioni regionali. Ma il vincitore è già noto: l’astensionismo. I cittadini si sentono sempre meno rappresentati da istituzioni ora incompetenti, ora bugiarde, ora coinvolte nel malaffare. Il bisogno di trasparenza, onestà, competenza è sottovalutato a vantaggio dello smodato desiderio di occupare poltrone strategiche. Come in un gioco della dama stanno muovendo le pedine per superare l’avversario e arrivare primi alla meta. Costi quello che costi. Se la minoranza dem, in virtù di questi calcoli, non ha il coraggio di spaccare il partito, perde anche quel briciolo di credibilità che gli è rimasta. A questo punto però gridare che il governo attenta alla democrazia suona solo come una battuta umoristica, puro humor nero. Ma quel che mi ha fatto più male è stato sentire alla Camera da più parti gridare "Fascisti" all'indirizzo dei democratici. Mai avrei creduto che gli eredi del partito che ho sostenuto per tanti anni e che è stato un caposaldo della Resistenza potessero meritarsi, anche solo per sfogo, un simile appellativo. Ce n'è di che vergognarsi, sempre che si sappia cos'è la vergogna...
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