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Politica e antipolitica

Povera Italia

In questi giorni si fa molto parlare di antipolitica. Chiunque protesti contro la classe dirigente che ci ha condotto al baratro viene tacciato di essere un antipolitico e quindi un antidemocratico. Ancora una volta chi è al potere non ha capito nulla di quello che sta succedendo.

L’opinione pubblica, che non è poi così idiota come taluni seduti sugli alti scranni credono, si è resa conto che la politica dei partiti, almeno in Italia, ha fallito il suo compito. Il crollo del muro di Berlino aveva aperto nuovi scenari di libertà. Dei politici maturi l’avrebbero capito e si sarebbero comportati di conseguenza. Invece cos’è successo? I partiti non hanno saputo rinnovarsi, hanno continuato con i vecchi schemi delle logiche di potere. Tangentopoli è stato solo un fuoco di paglia che non ha risolto i mali endemici alla politica italiana. Qui ormai è in discussione proprio questo: il modo di fare politica. Quello che i cittadini contestano in questi giorni non sono le Istituzioni Democratiche. Nessuno mette in dubbio la necessità del Parlamento, del Governo, dei Ministeri e di tutti gli altri organismi dello Stato preposti allo sviluppo e al mantenimento di un paese sano ed efficiente. Quello che i lavoratori, spina dorsale del paese, contestano è la corruzione, l’inefficienza, l’immobilismo, il privilegio senza alcun merito dei politici che siedono oggi al Parlamento e in altri posti vitali per il paese. Quello che va azzerato non è l’insieme delle Istituzioni democratiche ma la classe politica che le occupa. Tutti i partiti, nessuno escluso, hanno dimostrato di essere incapaci a dialogare, a governare, a fare opposizione. Litigano, fanno gestacci, urlano, ma poi in concreto cosa fanno? Parlano per luoghi comuni ma non sanno costruire, non hanno una seria progettualità. Tutti guardano la pagliuzza nell’occhio del collega di un altro partito. Anche quelle che sembrano voci fuori dal coro sono spesso e volentieri solo voci ipocrite. Sono tutti dentro al sistema e non hanno nessuna intenzione di uscirne perché fa troppo comodo. Li abbiamo votati noi, è vero sono lì per quello. Ammettiamo di avere sbagliato, ma a questo punto siamo noi, gente comune che dobbiamo riprendere la parola, ripartire dal basso, da movimenti spontanei di persone che hanno voglia di costruire il nuovo senza pregiudizi, senza secondi fini, pacificamente. Dobbiamo tornare a partecipare, ad aggregarci a trovare volti nuovi e nuove strade per ricostruire dal basso la democrazia. Dobbiamo lasciarci dietro questa stagione di politica malata, ormai moribonda. I partiti hanno perso l’ultimo treno per riprendere il contatto con la gente. Lo scontento è davvero tanto e tornare indietro non si può più. Certo i rischi in momenti come questi sono tanti, anche quello di lasciarsi incantare da santoni e uomini della provvidenza che vogliono far credere di saper risolvere tutto a patto di avere una delega incondizionata. Per questo bisogna vigilare e recuperare il vero senso della politica e della democrazia. Avere il coraggio di dire basta ad una classe politica inefficiente e ricostruire l’Italia, perché gli Italiani, quando si impegnano, quando mettono il cuore, tutti assieme possono fare grandi cose. Questa non è antipolitica, questa è la vera democrazia, tutto il resto sono solo chiacchiere di una classe dirigente impaurita e impantanata. L’ostacolo a una democrazia matura ormai sono loro. Alle prossime elezioni, se vogliamo che la situazione cambi, scegliamo noi chi vogliamo che ci rappresenti, fuori dalla logica dei partiti, non accettiamo più l’imposizione dall’alto dei soliti noti. Se non saremo in grado di farlo come sarà il futuro dei nostri figli?

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